Vita da contadino Afforese - Peasant life of Milan Affori (September) after the war until the years 40/65 - Bäuerliche Leben von Mailand Affori (September) nach dem Krieg bis in die Jahre 40/65 -



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Qui procul ab oculis, procul uno cordis Limite…
Occhio non vede, cuore non duole …
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore
Furmentun e.... amurass de Paisan !!!

Durante gli anni 40, nel mio cortile c'erano ancora dei contadini e nel mese di settembre, esattamente 10/15 giorni prima della festa d’Affori, ogni contadino raccoglieva nei campi le pannocchie di granoturco che caricate sul carro, venivano portate e depositate al centro del portico della stalla oppure chi aveva a disposizione l'Aia, le ammucchiava al centro della stessa.
Le pannocchie di granoturco dovevano essere spannocchiate, ossia liberate dalle foglie che le ricoprivano per prepararle pulite a essere sgranate dalla trebbiatrice.
Per fare questo lavoro, molte donne del cortile, dietro compenso, aiutavano i contadini, cosicché ogni pomeriggio e sera, sotto il portico o nell'aia di questo o quel "paisan" si radunava una decina di persone con i loro figli, che aiutando, percepivano la cosiddetta mancia (dalle 250 alle 500 lire). Mia zia che aveva un po' di terra nei pressi di San Mamete* (MIlano), di solito, riempiva un carro, a volte due (Carriage) di pannocchie, io, mia madre e mia sorella, eravamo impegnati per quasi due giorni.
Finito con mia zia, si passava ad aiutare gli altri contadini nei loro portici o nelle loro Aie cosicché le mancie aumentavano, e quando tutti i contadini avevano finito questo lavoro, arrivava la trebbiatrice, che serviva per tutti.


Trebbiatrice di Mais
Pertanto il giorno della festa patronale, Santa Giustina, noi ragazzi del cortile potevamo contare su 1000 lirette che usavamo per divertirsi sulle giostre in via P. Rossi (quelle del Pittaluga). Potevamo fare diversi abbonamenti per autoscontro, gabbie ed anche per l'autopista, per non dire del tiro a segno. Insomma quella domenica eravamo pieni di soldi come mai.
Ritornando allo spannocchiamento, ricordo in particolar modo quanto avvenuto sotto il portico di
mia zia, dove per il lavoro erano riunite diverse persone quasi tutte donne con i loro figli.
C'era mia zia, mia mamma, io e mia sorella (a volte) Giovanni e Giorgio, c'era l'Ines, la Rina. zia Genia con Antonietta ed altre.
Avevamo tutti un lungo chiodo in mano, se non addirittura una specie di ago legato a una corda che faceva da cappio, dove s’infilava la mano, il chiodo restava sempre attaccato al polso, per questo motivo non occorreva mai deporlo o riprenderlo, ma anzi con un leggero movimento del polso stesso ritornava nella mano, pronto a infilare un'altra pannocchia.
Si forava col chiodo (o Gugia) la cima delle foglie tirando verso l’alto in modo da strapparle, si lasciava la gugia che rimaneva legata al polso, con la mano destra si prendeva un lato, tirando giù le foglie, così pure con la sinistra, poi nella mano sinistra, si avevano le foglie e nella destra la pannocchia, si storceva la pannocchia con un mezzo giro, liberandola dalle foglie.
Le pannocchie venivano gettate in un angolo del portico e le foglie erano buttate dietro le nostre spalle. Si continuava ad oltranza in questo lavoro semplice, però c’era sempre disponibile un fiasco per un buon bicchiere di vino o qualche gazzosa per i ragazzini con qualche cantatina, tipo quel mazzolin dei fiori o la bella la va nel bosco.
Ne avevamo per due o tre giorni, di sera si continuava alla luce di una lampada di pochi watt per non consumare troppa elettricità, si andava perciò al risparmio.
Mi ricordo che quando alle nostre spalle si formava un mucchio di foglie, mio zio smetteva di spannocchiare, girava attorno a noi togliendo il fogliame per liberare altro spazio.
Lo zio era un uomo molto carnale, tanto è vero che la zia diceva sempre di non essere in grado di accontentarlo nei doveri coniugali, cosicché a volte chiudeva un occhio sulle infedeltà del marito.

Mio zio, passando dietro di noi per raccogliere il fogliame, quando fu alle spalle di Rina, che era vedova da diversi anni, allungò le mani toccandole gambe e sedere.
Rina furbastra gridò: - Adele... Adele... guarda chel tò marì, mi sta toccando il sedere... Tutti si misero a ridere e mi ha zia rispose: - Sono affari vostri... - Ma come… è tuo marito...rincarò la Rina – Siete grandi tutte due, per me può fare quel che vuole purché: occhio non vede, cuore non duole.
Dopo diverse settimane, io e altri ragazzi del cortile, allora amici per la pelle stavamo andando in via Farini in tram, il famoso IV,

Tram Atm anni 50/60
che ci lasciava proprio davanti all'entrata del cinema Vox per vedere un film d’indiani e cowboy; mentre passavamo sul tram davanti ad un altro cinema, il Farini, dove di solito davano due spettacoli, vidi mio zio con la Rina, stavano entrando nel cinema. Per fortuna li vidi solo io, altrimenti chissà che gazzarra succedeva in cortile. Quando ritornammo a casa dopo aver visto il film western, raccontai il fatto a mamma, lei mi raccomandò di non dire a nessuno di ciò che avevo visto e che quando capitavano cose simili, riguardanti anche altre persone, dovevo raccontarlo solo a Lei e non ad altri, mi avrebbe detto cosa fare, ossia stare zitto.
Anche mia madre, disse quella famosa frase detta da mia zia sotto il portico durante lo spannocchiamento: occhio non vede, cuore non duole.
 
Così era... ed è la vita.

NB: - Mulit = Torsolo della pannocchia – Lova = Pannocchia
Sluass = foglie della pannocchia – Disluassà = Spannocchiare, liberare la pannocchia dalle foglie. – Margasc = Gambo secco del granoturco, serviva per attizzare il fuoco del camino e a pezzi, sia come paglia che come sterco. I margasc in fasin (fascine) venivano date dai contadini ai ragazzi del cortile per il Fuoco di Sant’ Antonio Abate il 17 gennaio.
Carriage = Carro per tutti gli usi, era il carro dei contadini poveri, che con opportuni ricambi (oggi Kit) era usato per tutti i lavori dei campi.

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San Mamete

San Mamete * Nota:
Ricordi d'Infanzia* - Attorno a San Mamete, nel dopoguerra era tutto un fiorire di campi coltivati, la maggior parte di questi, prima dell'avvento "proprietario" della Montecatini, (montagnetta Rossa), venivano lavorati da diversi contadini, una buona parte di questi erano di Affori, (Via E.T. Moneta) che chiamavano questi campi con un nome ormai dimenticato: Campasc. Ogni volta che i contadini andavano a lavorare dicevano: Andem al Campasc, per indicare i campi di San Mamete, Andem al Tricudai, per i campi vicini al gruppo di case in via Bovisasca ed in Via El Alamein, oppure in Nuasca, per indicare i campi presso il Convitto delle Suore alla Comasina, sulla strada per Novate Milanese.
Il confine di Affori con San Mamete era delimitato dal torrente Garbogera detto Garbogiula, ora interrato, la cui acqua finisce nella fogna cittadina; si attraversava il torrente ad un ponte di pietra, posto a livello stradale e si accedeva in Via Bovisasca; 150 metri più a Nord, prima della montagnetta Rossa, un altro ponte in pietra permetteva ai carri di entrare nei campi.

Garbogera



Au Revoir, mes amis...
Tanti saluti dal Vostro 
Berto Bertone

Ciao








Commenti

  1. Letto con piacere. Da tempo mi interrogavo sul Tricudai. Sono nata ad Affori e da Bambina (fine anni cinquanta) i miei zii mi caricavano sul loro galletto e mi portavano al Tricudai a mangiare. Ma dove fosse questo benedetto Tricudai non lo sapevo più. Quindi: grazie!!!! Erica

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