Matrimonio di altri tempi, tipo anni 30 - Marriage of other times, like the 30s - Mariage d'autrefois, comme les années 30

Una storia vera

di Berto Bertone


Un matrimonio all’antica come nei primi anni del novecento

In Affori Milano curt del beck

 

 

Negli anni del dopo guerra (1948), un corteo di circa 40/50 persone, verso le ore 10 o giù di lì, percorse la via E.T. Moneta per andare in piazza S. Giustina ossia in chiesa.

La signorina Adele Arnaboldi a braccetto di suo padre Angelo, soprannominato a volte «Campanin» a volte «Giulò», con tutti i parenti Arnaboldi, percorsero, sotto lo sguardo attonito della gente che si affacciava alle finestre o nei portoni gridando: viva la sposa … viva gli sposi.

Io, facevo parte del corteo essendo un nipote ed era il primo matrimonio a cui partecipavo, quando sentii una signora che da un portone gremito di gente gridò: E’ proprio un matrimonio come si faceva una volta, tutti in corteo dietro la sposa e suo papà! Io chiesi a mia madre il perché era un matrimonio come una volta e lei mi rispose: il nonno, la zia (la sposa), non hanno i soldi per pagare le auto con gli autisti e così si va a piedi proprio come si faceva 50 anni fa.

 

La strada non ancora asfaltata, per arrivare alla chiesa non era lunga: via Moneta, via Cialdini, via Osculati e piazza Santa Giustina, poi l’entrata in chiesa dove presso la balaustra dell’altare c’era lo sposo che io non conoscevo in quanto non l’avevo mai visto. Per la verità non sono molto sicuro nel dire che lo sposo stava vicino all’altare o sulla porta della chiesa. Purtroppo non ci sono foto del matrimonio perciò niente album, il fotografo era troppo caro e non venne neppure contattato. 

 

Dopo il fatidico si, gli sposi con i testimoni entrarono in sagrestia dove firmarono le carte per certificare l’avvenuto matrimonio, il  parroco di allora: Don Tognola, fece un breve discorso per poi fare gli auguri. Ricordo a chi leggerà questa storia che allora avevo 6 anni. Essendo il primo evento matrimoniale a cui partecipavo molte cose le ricordo abbastanza bene e altre un po’ meno.

Poi, di nuovo in corteo, ripercorrendo le vie sopraddette per andare all’osteria del Baluset per un rinfresco e per il pranzo con tutta la parentela.

Io sedevo in un angolo della tavolata con dei cugini della mia stessa età: Pinuccia e suo fratello Gaetano che aveva avuto il permesso dall’ospedale dov’era ricoverato, la famosa «città Studi», per una forma tumorale alla testa, c'era Gisella, Roberto e altri cugini quali Pierino, Jolanda, Celestina formando un gruppetto di ragazzi tutti pronti a ridere e scherzare. Ovviamente c’erano anche i cugini di Ospitaletto dove era nato e cresciuto nonno Giulò.

 

Tra una portata e l’altra, per evitare i discorsi degli anziani, uscivamo nel cortile dove c’era il Bersò ricoperto da piante di uva nera chiamata da tutti: uva americana, per giocare tra vecchi tavoli di pietra per poi rientrare quando ci chiamavano ogni volta che si ricominciava a mangiare. L’ antipasto venne servito dalle zie, era a base di salumi, mentre il primo consisteva in ravioli in brodo.

Mi ricordo bene che il secondo piatto consisteva nell’arrostò di pollo. I polli non erano stati comperati ma appartenevano al nonno Giulò e l’allevamento era curato proprio dalla sposa. Il giorno prima ben quattro persone, mio padre e tre zii, avevano ammazzato e ripulito i polli in cortile dietro la tromba dell’acqua mentre le zie, qualche ora dopo le spennavano nel cascinale.

 

 Fu un matrimonio semplice, quasi tutti i presenti erano stati contadini e solo una piccola parte aveva cominciato a lavorare in qualche impresa o in qualche società, però erano rimasti dei buoni bevitori e i bottiglioni di vino vuoti erano alla fine del pranzo tantissimi. 

Arrivò infine l’attesa torta, fette a tutti con relativo brindisi con un dolce vino moscato e grida di: Viva gli sposi.

 

Il pranzo era durato diverse ore, ma quando mia zia, la sposa, disse che il nonno era stanco, cominciò il giro di saluti e tutti rifecero gli auguri agli sposi con la solita frase che veniva detta ai mariti: Sii uomo, con la solita risposta: Lascia fare a me o Ghè pensi mi.

Dopo qualche giorno, la vita riprese la solita routine e a poco a poco del matrimonio all’antica non si parlò più, bisognava vivere e per i contadini di Affori la vita era diventata molto difficile tanto che nel giro di 15 anni, non essendoci più terre da coltivare scomparvero del tutto.

 

N.B.

In quegli anni, la sposa arrivava in chiesa su una carrozza presa a noleggio accompagnata dal padre, i parenti invece si dirigevano in chiesa a gruppi e non più in corteo. La carrozza venne sostituita dall’auto. Qualche anno dopo anche gli invitati salivano sulle auto prese a noleggio che venivano forniti da un certo Saini. Si riformò così un nuovo corteo quello automobilistico. Per il matrimonio di un cugino invece i parenti e altri invitati salirono su un vecchio pullman del signor Costa in quanto la sposa non abitava a Milano ma in un altra città.  

Questa foto non riguarda il matrimonio di cui sopra in quanto gli sposi non potevano permetterselo ma una immagine ripresa nel web in quanto molto simile.


 

 Vecchi ricordi di famiglia purtroppo non documentabili.

Prego scusare eventuali piccoli errori in quanto Vi ricordo

che lo scrivente in quell'anno aveva solo 6 anni.

A tutti i visitatori e amici

  C I A O

 B.B.




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