Affer anni 50/60, la mort del cavalin, la vaca el carriag el nonu Giulò el Diunis l'Adelina e tut el rest-


Affori anni 50/60
gli ultimi contadini della curt del beck




All'Usteria del Baluset el Ricù dà la nutisia del dì: Uei fiò, al Giulò ghe mort el cavalin, el so gener, el Diunis el vor fa tirà el carriage alla vaca... rob de mat. Il Gino sbalordito dice: El fà tirà el carriage alla vaca? - Si... allora brindiamo al Diunis e alla vaca del Giulò... e tuc giò a rid.
La storia è vera e tutti prendevano per matto lo zio Dionisio.
Verso la fine del mese di giugno del 1949, dopo che il grano era stato mietuto e trebbiato, mia zia Adele come ogni mattina, alle sei andava a governare le bestie  e in particolare a mungere le due vacche. Fu così che entrando in stalla vide il cavallo disteso sul pavimento con i denti sporgenti dalle labbra biancastre. La zia si mise a chiamare: Gina... Gina ven giò... Gina era mia mamma sua sorella, mio padre che si stava preparando per andare al lavoro corse giù dalle scale, entrò nella stalla e subito disse: Delina lè mort, va dal "murnè" fallo venire qui subito che forse si può recuperare la carne e prendere qualche soldo, la Gina, mungerà le vacche, io però devo andare al lavoro, tuo marito quando finisce il turno? - Alle due, sarà a casa verso le tre. -Vai dunque dal mugnaio che verrà qui con il carro apposito e porterà via il cavallo, a quanto sembra è morto da poco, quindi riuscirà a farlo macellare. anche perché non era malaro ma è morto di vecchiaia.
Tutto si svolse come sopradetto, il cavallo venne caricato sul carro del mugnaio che aveva il telaio molto basso con due ruote alte che serviva per portare al macello le vacche.
Quando mio zio Dionisio ritornò a casa e seppe della morte del cavallo era disperato. Nonostante lavorava a Villapizzone alla centrale del gas era nato contadino e nonostante i turni di lavoro, appena libero si dedicava alla terra, la sua vera passione, era nato contadino (Veneto) e voleva morire al più tardi possibile ma da contadino.
Il problema era che nonostante lavorasse il suo stipendio non bastava a comperare un nuovo cavallo pertanto per non smettere di coltivare la terra decise di usare una delle due vacche per trainare il carro. Fù così che nelle varie osterie: Baluset, Ginin, Maffioli, San Filip, al Circul e dal Fiamma si sparse la voce e tutti ridevano e gli davano del matto concludento con la frase: Ze Veneto ciò e faso tuto mi.
Anche il nonno Angelo (detto Giulò e anche Campanin perchè da giovane aiutava nella chiesa dove era nato a suonare le campane) rideva di questa cosa e sempre ridendo diceva: Le propri mat, la vacca non è un bue, è sempre stata chiusa in stalla, in strada darà dei grossi problemi, el nonu de 85 an gaveva resun.
Lo zio fece quello che aveva in mente: la vacca avrebbe tirato il carriage come faceva il cavallo e nonostante le risate nelle osterie su questo fatto fece ciò che aveva deciso: la vacca fù aggiogata al carro.
Per i prime giorni, anzi per le prime settimane tutto andò a meraviglia, la gente che rideva del Diunis adesso non rideva più, qualcuno diceva persino, forse per scherzo, che se il suo cavallo fosse morto, lui pure avrebbe messo una delle sue vacche a tirare il carretto.
Tra l'altro va detto che quando passavamo davanti alle case o ad una osteria la gente usciva a vedere dando del bravo allo zio mentre il nonno Giulò (85 anni) rideva come un matto e scuoteva la testa come un segno premonitore.
Un pomeriggio del mese di luglio successe il primo incidente.
Come aveva detto il nonno, la vacca era sempre stata chiusa nella stalla e pertanto si spaventava facilmente ad ogni rumore, ma lo zio che la teneva stretta come se fosse al guinzaglio aveva sempre evitato piccoli inconvenienti ma questa volta in un attimo successe quello che non era avvenuto in tutto il mese.
Sul carriage eravamo in tre, io mia zia Adele e mio nonno, mio zio guidava la vacca standole al fianco e tenendola stretta, tutto filò liscio sino al curvone di San Mamete con via Bovisasca dopo aver passato il ponte di pietra sulla Garbogiula (torrente Garbogera), a metà del curvone arrivò sulla corsia contraria un motocarro con il tubo di scappamento rumoroso tanto che sembrava un piccolo cannone, proprio quando fù a fianco della nostro carro dal tubo di scappamento uscì quasi una vera cannonata e la vacca presa dalla panico deviò verso destra entrando nel torrente trascinando mio zio Dionisio che cercava inutilmente di frenarla e con lui anche una parte del carro. Il carro era messo di traverso con la prima ruota destra nella garbogiula, in mezzo all'acqua, alle piante di rubinie piene di spine. Mia zia urlò: Scendete subito dal carro e tu Berto aiuta il nonno. Lei corse dal marito che tentava inutilmente di far risalire la vacca al di là del prato nonostante era tutto pieno di sangue per via delle piante spinose e con decine di spine conficcate nella schiena.
Aiutato da un contadino, el sciur Galimberti, che lavorava questo campo, al di là del torrente riuscì a far risalire la vacca sul prato e una volta liberata dal giogo delle due stanghe del carro, si mise a mangiare l'erba come se niente fosse accaduto.
Nel frattempo diverse donne di San Mamete che dalle loro case avevano visto il fatto, erano arivate con alcol e acqua ossigenata e dei bendaggi. Aiutarono mia zia a togliere le spine dalla schiena del Diunis e a disinfettare sia la schiena che il torso dello zio. Il più tranquillo era nonno Giulò che sembrava dire: l'avevo detto.
Una volta disinfettato e bendato lo zio aiutato da altre persone riuscirono a portare el carriage in strada, poi rimise la vacca sotto il carriage e finalmente arrivammo al campo dove caricammo sul carro l'erba che era stata tagliata in precedenza.
Il ritorno a casa, ossia alla stalla, avvenne senza intralci, quando entrammo dal portone c'era gente in cortile e sulla ringhiera a discutere del pro e del contro e ognuno aveva la sua da dire sulla vacca, sul carro, sullo zio. Se ne parlò anche nelle osterie.
Ma questa brutto incidente non fece cambiare idea al Dionisio nonostante l'Adelina insisteva nel convincerlo a comprare un altro cavallo o a smettere di fare il contadino.
Giorno dopo giorno, la vacca veniva aggiogata al carriage e si continuò così fino a quando le cose precipitarono.
Tutto andò per il meglio per quasi un mese, ma verso fine agosto la situazione precipitò. Sempre col nonno Io e la Zia sul carriage ritornavamo alla stalla col pieno d'erba per le bestie, arrivammo al passaggio a livello della ferrovia Nord che in pratica faceva da confine tra San Mamete e Affori, le sbarre del passaggio a livello erano aperte la via era libera e mio zio guidò la vacca attraversando i binari della ferrovia.
Quando si arrivò a metà dei binari la vacca si piantò e non si mosse più. Il casellante incitò mio zio a procedere a non fermarsi, perché stavano arrivando dei treni. Un treno di servizio, formato da due vagoni con delle piastre di cemento e trainato da una locomotiva stava giungendo dalla stazione di Affori e un altro treno pieno di passeggeri stava partento dalla stazione della Bovisa. Tra le due stazioni c'erano due caselli, il casellante del casello posto dopo il nostro stava chiudendo le sbarre mentre il nostro casellante gridava: - Via... via che arrivano i treni... Mio zio cominciò a dare dei calci alla vacca ma questa sempre più impaurita non si muoveva, da sinistra arrivava la locomotiva lanciando fischi a tutto spiano, il casellante urlava, la moglie o la sorella fermava gli altri automezzi per via delle sbarre aperte e anche l'altro casellante che ci vedeva, in quanto il suo casello si trovava a un centinaio di metri dopo il nostro, si mise a sventolare una bandiera per fermare o per rallentare il treno pieno di passeggeri, tutti lavoratori che rientravano a casa. Ad un certo punto mio zia Adelina urlò: scendiamo dal carriage e andiamo via, mio Dio qui ci lasciamo la pelle tutti, nel frattempo i due treni si avvicinavano. Mio nonno Angelo detto Giulò o Campanin in un attimo prese la forca a quattro punte sfilandola dall'erba e colpi il posteriore sinistro della vacca che di colpo per il dolore cominciò a correre trascinando lo zio Dionisio e con lui tutti noi sul carriage al di fuori del casello, la moglie o la sorella del casellate girò veloce la maniglia e chiuse il casello. La vacca si fermò trenta o quaranta metri dopo senza investire nessuno, i treni passarono in un baleno e il casellante urlava contro di noi le sue maledizioni o... benedizioni. Tutti noi eravamo attoniti e spaventati per il pericolo corso ma l'unico che rideva e scuoteva la testa era il nonno.
Pur di non smettere di fare il contadino el Diunis comprò finalmente un nuovo cavallo, vecchio e malandato ma ancora in grado di fare il suo dovere.
Il cavallo comunque fu pagato a rate e fece il suo dovere per diversi anni finché
la società proprietaria di quei terreni sfrattò tutti i contadini da quei campi dove venne edificato in poco tempo, si può dire, un villaggio, con tanto di chiesa scuola e centro sportivo e il sentiero dove passavano i carri dei contadini, potrebbe essere  oggi, metro più metro meno, Via Gabbro.
Gli ultimi tre contadini della curt del beck come era successo prima con i contadini di San Mamete cessarono la loro attività diventando operai mentre i vecchi rimanevano a casa dei figli sino alla fine della loro vita.

Evviva quei tempi, evviva i cavalli e le bestie da stalla e evviva la curt del beck.


Fac simile Carriage, il carretto dei contadini per tutti gli usi
e.. le persone citate.














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