Tratto(GOGO')ria... con hystorie vitae intrighivariegate

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Anni fa nel mese d’Agosto, tutti i negozi erano chiusi per le vacanze estive, così pure pizzerie e trattorie, solo qualch’una restava aperta.
A quel tempo di sera, andavo a mangiare alla “Campagnola” pizzeria e trattoria che doveva restare aperta per tutto Agosto, ma al primo lunedì del mese la proprietaria chiuse, andando col suo uomo al mare.
Non sapendo dove andare, girai in automobile in alcune zone della città e mi capitò di trovare una trattoria aperta in Bovisa, entrai, chiesi di mangiare.
Il proprietario e cuoco, portò un mesto menù, io comandai e mi fu portato; sorpresa, mangiai piuttosto bene, siccome non chiudeva in Agosto, trovai così un nuovo posto per mangiare.
La trattoria della Bovisa divenne un posto abituale e altra sorpresa, quella sera stessa si riempì di persone gioiose che con chitarra, fisarmonica, violino, fecero diventare le mie serate divertenti e animate.
Conobbi l’Enrica detta Fascino ed il suo uomo fisso, il Gianni, Cono il chitarrista, Eugenio il fisarmonicista, Olindo il violinista, Baldo il ballerino, Maria e Pia le due gemelle, Margherita la separata, Antonio, Leone, Armandino, Carletto e la sua donna Stefania, Laura, Francis, Tonyno ed altre persone.
Man mano che frequentavo questa trattoria come dire "a gogò", l’amicizia aumentava e si potevano raccogliere molte confidenze.





Laura truccatissima, sempre con stivaloni neri e minigonna, faceva la vita ma aveva un cuore d'oro, aiutava tutti, ma perdeva la testa per i giovanissimi provenienti dai paesi slavi, con l’ultimo che Ci presentò fece un matrimonio di convenienza in cui percepì circa una somma pari a € 10.000, (20milioni di lire), il giovane Laslo, riuscì poi a farle vendere l’appartamento ed a portarla a Brescia, da allora non si seppe più nulla.
Francesco, in arte Francis, (detto LUEI), era un travestito abbastanza richiesto, anche “LUEI” si prendeva dei giovanissimi amanti; con l’ultimo, minorenne e gay, ebbe dei problemi col tribunale. Risolto tutto, levò le ancore da Milano e ritorno al paese dove coi soldi guadagnati prostituendosi aveva costruito una villa con piscina, la più bella della cittadina, si seppe che con un’operazione si fece togliere il seno prosperoso ritornando uomo e si sposò con la vedova di un suo parente.

Tonyno, grosso tondo e rubicondo, benestante, suonava la chitarra goliardamente, aveva un problema con la sua glicemia alta, anzi altissima, ma nonostante tutto, ogni sera mangiava sempre una braciola ai ferri e trincava a tutto spiano. Le sue canzoni erano tutte licenziose ed era sempre stimolato a cantarle da Fascino che rideva sguaiatamente.
Sempre presente ad ogni serata, pagò da bere a tutti prima di andare in vacanza al paesello, non pensava certamente che quel brindisi era l'ultimo.
Infatti durante le vacanze un colpetto al cuore lo mise ko, ritornò a Milano otto mesi dopo, non era più il Tonyno di prima; alla trattoria veniva sempre meno ed accompagnato dall'amico Cono. Dal paese, un giorno, vennero i nipoti che... vendettero tutti i suoi averi e lo riportarono giù al paese natìo, non si seppe più nulla.

Pina, la più vecchia, 80 e passa, era completamente soggiogata dall’ Enrica (Fascino) che spesso e volentieri bussava cassa; dopo aver osservato una vedovanza stretta per 20 anni, conobbe Ubaldo, Baldo per gli amici, in un posto chiamato “Ancora” dove si ballava al martedì sera e si mangiava pure, filò con Baldo sino a quando lui non ne trovò un'altra più giovane. Continuò comunque a frequentare la trattoria, era il braccio destro di Fascino o meglio il suo portafoglio.


Antonio, era affetto da Varicocele, i suoi testicoli a volte diventavano gonfi come un pallone e sembravano sempre sul punto di scoppiare, negli ultimi tempi che veniva alla trattoria, mostrava a tutti il rigonfiamento che aveva al centro dei pantaloni, gli amici gli dicevano di andare al Pronto Soccorso, ma lui ridendo rimaneva a giocare a carte, e amava tanto ballare e…. morì proprio mentre ballava a capodanno al circolino di Novate Milanese quando mancava un minuto allo scoccare della mezzanotte, rovinò così la festa a tutti gli amici presenti ma soprattutto alla moglie che lo aveva tormentato per anni con la sua gelosia.
Cono, il chitarrista, vedovo, aveva una cotta per una delle due gemelle,
Maria, a sua volta innamorata invece del gestore della trattoria, non ne voleva sapere di lui che nonostante suonasse e cantasse per lei le vecchie canzoni d’amore, “Monchita” la più richiesta, si struggeva inutilmente, sino a quando l’amore si trasformò in disprezzo e sparì dalla circolazione, andò a suonare e cantare all'Arci.
Pia, l’altra gemella, vedova come la sorella, delusa dagli uomini, si diede al bere ed era sempre in stato d’ebbrezza, disponibile a certe esperienze rimaneva sempre delusa, finché trovò la pace tra le braccia di un ex carabiniere geloso e manesco, che le proibì di venire in trattoria, ad ogni modo vissero felici e contenti tra un litigio e l’altro sino alla di Lui morte. Ora sembra abbia trovato amore e serenità con un vecchietto benestante.
Olindo il “bauscia”, diceva sempre “io qui io là” ed elencava tutte le donne con cui era stato e che nessuno mai aveva visto, gli piaceva il vino, specialmente se offerto dagli amici, ma quando era astemio suonava il violino “divinamente”, così affermava convinta l’onnipresente Enrica.

Margherita, separata dal marito viveva alla giornata, or con questo or con quello; si racconta che il marito ritornando a casa improvvisamente dal turno di notte trovandola a letto con due ragazzi l’abbia riempita di botte, così passò dalla ragione al torto, fu costretto a lasciare la casa e passarle gli alimenti, poi svanì nel nulla, lei dovette ricorrere all’assistenza sociale per vivere, e pagava in natura i suoi debiti. Ogni volta che veniva a ballare si vestiva alla spagnola da qui il soprannome “ La Spagnola”.

Venanzio, separato dalla moglie, conviveva con un’altra donna, una morettona simpatica ma non bella, da cui ebbe dei figli, sopportava bene il vino, beveva decine di bicchieri fuori pasto, era litigioso e ogni sera rincasava ciucco tradito, questa donna più giovane di lui ne combinava di tutti i colori e le liti erano all’ordine del giorno. Ogni sabato entrava in trattoria con tutta la famiglia compresa la vera moglie col suo amante e pagava sempre lui. Al termine della serata, prima di rincasare pagava da bere a tutta la brigata presente, famosa era la sua frase che gridava al gestore: Metti tutto sul mio conto, ad ogni modo anche se con molto ritardo, pagava sempre i suoi debiti.
Carletto con la sua Stefania, bravissimi ballerini di bughi bughi, giravano tutte le sale di Milano ed avevano decine di biglietti omaggio per questa o quella sala o discoteca, che distribuiva agli amici, aveva sempre con sé una valigetta 24 ore, una volta l’aprì ed era piena di... Milioni. Diceva che doveva pagare gli operai del suo cantiere e girava con una vecchia Mercedes 8 cilindri, ai nuovi venuti mostrava un articolo di giornale in cui veniva definito lo zio degli zingari; uno sgarbo o imbroglio fatto ai “nipoti” si rivelò mortale, infatti fù riempito di botte, e per non doverne rendere conto alla polizia, non si presentò al Pronto Soccorso, cosicché morì in seguito alle molteplici emorragie subentrate. Lo sapemmo da Stefania la sua amante che lo disse piangendo, ma dopo per farsi consolare si diede al bughi bughi con l’uomo con cui era venuta pure lui grande appassionato di bughi e non solo.

Finalmente una coppia normale, l’Armandino e sua moglie Elena, la coppia più giovane, felicemente sposati, sempre insieme, sempre pronti al bacio appassionato ed ai balli della piastrella, un amore perfetto ed invidiato, beati loro, dicevano gli amici della trattoria.
Ma… ma, lui faceva il Taxista e lavorava nelle ore notturne, diceva che si guadagnava di più. Nella tarda notte i clienti erano quasi tutte donne che uscivano da questa o da quell’altra sala da ballo, molte facevano la vita, con quel via vai di femmine Armandino perse la testa, così la coppia felice si sfaldò, giorno dopo giorno, sino a quando, circa 2 anni dopo, l’Armandino si presentava, spavaldo come un Casanova in trattoria, con altre donne, tra gli sguardi meravigliati degli amici. Tutto si frantumò quando la moglie una sera arrivò col padre ed il fratello, botte da orbi, sedie fracassate, tavoli rovesciati e vino dappertutto con le sirene urlanti dei CC e dei PS.
Come finì la storia non si seppe mai perché l’Armandino non si vide più.

Leone invece era sposato, veniva per ballare o giocare a carte, di solito con la moglie, ma quando lei non c’era faceva il filo a tutte compreso LUEI ossia Francesco/Francesca.
Poi la moglie si ammalò e morì, la sera stessa del funerale in trattoria si ballava e senza ritegno lui dichiarò che cercava una donna, poi una sera vennero il figlio e la figlia a prenderlo ed in trattoria andava solo di giorno.
Le persone erano tante, di tutte non si può parlare, ognuno di noi si sa ha la sua storia, ma rimane Lei, l’Enrica, detta Fascino, la regina delle serate, la regina del ballo, la regina del… sesso, senza lei la serata era moscia.
Enrica, rimasta vedova in giovane età, benché brutta e con la faccia allungata e butterata, con una forte personalità, riusciva a “schiavizzare” tutti gli amici sia maschi che femmine e decideva dove andare e cosa fare.
Il suo uomo forse era il Gianni, un meridionale che si lisciava sempre i baffi ma che non aveva mai un soldo in tasca, la sua società l’Alfa Romeo, l’aveva messo in cassa integrazione “a vita”, le metteva la Renault 4 a disposizione, andava a prenderla a casa e poi la riportava, diceva a tutti che era la sua donna e lei rideva, ma c’erano altri uomini, l’Eugenio il 2° fisarmonicista, che la serviva in tutto anche nei lavori di casa ed infine Roberto un chitarrista romagnolo che aveva la pazienza di aspettare che il Gianni uscisse dal letto di Fascino per entrarci Lui che oltre alla chitarra, possedeva un fallo gigante tanto che in Romagna lo chiamavano il Toro di Forlì.


Enrica a letto doveva essere in gamba, persino il proprietario dello stabile in cui viveva, un monolocale, si faceva pagare l’affitto in natura, ed i vari tecnici del gas e della luce che a turno tagliavano e riallacciavano i fili ed i tubi, (non pagava mai le bollette) quando uscivano dal suo appartamento erano ben vispi e su di giri, e tutto andava sempre bene.
Una volta, essendo i suoi uomini presenti nella trattoria, uscì con un motto che divenne famoso:
Una donna affermava, doveva avere minimo tre uomini, uno fisso (Gianni?) uno fesso (Eugenio?) ed uno per il sesso (Roberto?) e con questo motto trascorse tutta la sua vita sino al giorno del giudizio divino.
Poi ci sono io con la mia ragazza, forse la coppia più normale della trattoria.
Nonostante l’ Enrica cercava di coinvolgermi nel suo giro, io non cedetti, che parte avrei avuto con lei, fisso, fesso o sesso? Cosi mi tenni la mia ragazza il più lungo possibile.
Ora la trattoria non c’è più, il gestore su pressione della moglie che sapeva della sua relazione con una delle gemelle, cedette la gestione ad un giovane con moglie e figlio, del resto dopo la scomparsa dell’Enrica, di Baldo, di Eugenio erano rare le serate musicali ed i clienti fissi o fessi erano andati altrove.
In quella trattoria, vidi, in 12 anni di frequentazioni, tutti i vizi e peccati di questo mondo o quasi tutti, avrei dovuto frequentarla ben 20 anni prima, avrei acquisito un’esperienza, che mi avrebbe aiutato in questo mondo di tenebre, senza ideali morali, civili, sociali e religiosi in cui oggi viviamo e dove i 30 denari regolano la vita umana in tutto il mondo, dove il terrorismo divampa e la minaccia dell’Atomica diventa sempre più reale. Amen…

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